Hiroshima, la visita di Obama e il doloroso cammino verso la riconciliazione
Nella giornata di ieri il Presidente Barack Obama ha reso omaggio al cenotafio per le vittime della bomba atomica di Hiroshima, la città giapponese che venne colpita il 6 agosto 1945. Morirono 140.000 persone, altre continuarono a morire negli anni successivi. Nel 2002 erano ancora oltre 250.000 le persone contaminate dalle radiazioni. Una strage terribile, per alcuni giustificata dal fatto che, insieme alla bomba sganciata su Nagasaki, pose fine alla seconda guerra mondiale. Obama è il primo Presidente degli Stati Uniti in carica a portare il proprio omaggio a Hiroshima. Nel corso dell’incontro ha abbracciato uno dei sopravvissuti, Shigeaki Mori. Non ha chiesto scusa, forse anche perché non ci sono parole al mondo che possono apparire adeguate ed è preferibile il silenzio, la memoria ed essere fisicamente vicini gli uni agli altri. Vittime e carnefici sono uniti nel dolore per l’ingiustizia recata come due facce della stessa medaglia. Per questo dobbiamo andare avanti e cercare i gesti, i segni i silenzi per un mondo migliore. Per questo apprezzo la visita del Presidente Obama tanto più significativa quando si affaccia il rischio di una nuova presidenza, quella di Trump, le cui parole e gesti sembrano indirizzate solo a dividere, ad aumentare nuovo rancore, ad aprire la strada a nuovi conflitti. E’ importante non dimenticare il passato e attraverso le immagini di qualcosa che è successo prima ancora che nascessimo trovare la forza morale per costruire un futuro di pace e tolleranza. In questo ci aiuteranno forse anche le parole di Marguerite Duras e le immagini di Alan Resnais che nel film Hiroshima mon amour seppero travasare tutta la complessità anche intima di una tragedia di così vaste proporzione che nessuno può dirsene ancora oggi non essere stato un poco contaminato.
Video: Hiroshima mon amour: tu non hai visto nulla a Hiroshima
Video: Hiroshima mon amour: io ti incontro e mi ricordo di te