Liberiamo Leila De Lima
Oggi sono intervenuto in Aula in Senato per ricordare l’ingiusta carcerazione della Senatrice filippina Leila De Lima, rea di essersi opposta al regime di terrore di Rodrigo Duterte. Di seguito, il testo ed il video.
Signor Presidente, colleghi Senatori, intervengo quest’oggi per richiamare l’attenzione dell’Aula su un fatto molto grave, che mi pare fatichi a trovare nel panorama politico internazionale e sui media lo spazio e l’attenzione adeguati.
Lo scorso 23 febbraio è stata arrestata, con l’accusa di narcotraffico, la senatrice filippina Leila De Lima, membro del partito liberale d’opposizione, attivista dei diritti umani e principale oppositrice della campagna antidroga promossa dal presidente delle Filippine Rodrigo Duterte.
Nel mese di agosto del 2016 la De Lima, allora Presidente della Commissione giustizia e diritti umani del Senato filippino, aveva indagato sulle esecuzioni extragiudiziali di circa 1.000 presunti autori di reati legati alla droga, che sarebbero state commesse a Davao (la seconda città delle Filippine) all’epoca in cui il presidente Duterte era sindaco della città. A partire da quel momento si sono susseguiti i fatti che hanno poi portato al mandato di arresto nei confronti della senatrice: prima, per l’esattezza il 25 dello stesso mese di agosto, il presidente Duterte l’ha accusata di aver fatto entrare droga all’interno di uno dei più grandi carceri del Paese quando era Ministra della giustizia; successivamente, il 19 settembre 2016, la De Lima è stata rimossa dall’incarico con l’accusa di voler distruggere il Presidente. Oggi la senatrice, che Amnesty International ha dichiarato prigioniero di coscienza, è in carcere in attesa di giudizio e, in caso di condanna, rischia da 12 anni di reclusione all’ergastolo.
Forse non è a conoscenza di tutti che dal 30 giugno 2016, giorno dell’insediamento del presidente delle Filippine Rodrigo Duterte, sono state segnalate oltre 7.000 uccisioni commesse dalla polizia e dai miliziani nel corso della campagna antidroga che il Presidente, che si autodefinisce the punisher, cioè il castigatore, si è impegnato a portare avanti fino alla fine del suo mandato presidenziale.
Mi rincrescere ripetere alcune oscenità che sono state riportate dai giornali, ma per descrivere il presidente Duterte, che da troppi anni, come sindaco prima e come Capo di Stato oggi, semina terrore e morte, non credo esista modo migliore che ascoltare alcune frasi da lui pronunciate.
Da sindaco, durante la campagna elettorale, disse: «Se Dio vuole mettermi là» – ossia alla Presidenza della Repubblica, dove poi è stato eletto – «attenzione, perché i 1.000 uccisi» – nella città di Davao – «diventeranno 100.000. Vedrete i pesci ingrassare nella baia di Manila perché sarà là che getterò i vostri corpi». E ancora: «Le pompe funebri saranno piene: fornirò io i cadaveri. Quando sarò Presidente, darò ordine alla polizia di cercare quella gente e ammazzare tutti».
Da Presidente neoeletto, disse: «Hitler ha ucciso tre milioni di ebrei. Qui abbiamo tre milioni di tossicodipendenti, sarei felice di sgozzarli tutti». «Se avete un coltello e vedete uno spacciatore o un drogato per strada, uccidetelo. Vi darò una medaglia». Vi risparmio le parole asperrime ed oscene pronunciate da Duterte in risposta alle critiche provenienti dalia conferenza episcopale filippina e, in generale, contro la Chiesa cattolica, contro Papa Francesco e contro l’Unione Europea.
Questo appena descritto, dunque, è il quadro in cui si inserisce l’incarcerazione della senatrice De Lima. Ad inizio mese è stato promosso dall’Associazione Luca Coscioni, Non c’è pace senza giustizia e Radicali italiani un appello per la liberazione della senatrice filippina, sottoscritto anche da tanti parlamentari italiani a Bruxelles e a Roma (tra cui diversi senatori, compreso il collega Lo Giudice del Gruppo del Partito Democratico).
Concludo, signor Presidente. Lo scorso 15 marzo, con una risoluzione, l’Unione europea ha invitato il Presidente filippino a contenere i metodi di guerra alla droga. Ma nessuna iniziativa intrapresa ha finora avuto un qualche effetto. Mi faccio oggi portavoce di tutti coloro che chiedono a gran voce alle istituzioni del nostro Paese, a quelle dell’Unione europea e alle Nazioni Unite di agire, con tutti gli strumenti necessari a livello politico e diplomatico, per ottenere l’immediata liberazione della senatrice De Lima, e perché le sia garantita un’adeguata sicurezza finché resterà in carcere e un equo processo.
Ricordo, a tal proposito, che esistono relazioni diplomatiche, culturali e politiche di lunga data sia tra il nostro Paese e le Filippine, sia tra le Filippine e l’Unione europea, e che quanto sta accadendo oggi in questo Paese costituisce una violazione di diritti universalmente sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e dal Patto internazionale dei diritti civili e politici, tale da giustificare il ricorso alla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità.’